La solitudine delle domande prime

Le domande.

Abbiamo tante domande che ci girano nella testa, che a volte tentiamo di acchiappare e di guardare in faccia, di affrontarle di petto per trovare quelle risposte la cui mancanza ci angoscia.

Altre volte fingiamo di non avere nulla, abbiamo la pretesa di non domandarci nulla, di stare bene così come stiamo, nella nostra sospensione emotiva, nel nostro volteggiare da un’anima all’altra, alla ricerca di qualcosa che ci completi, che ci appartenga, alla ricerca di un’identità che possa rappresentarci e soddisfarci.

Le domande.

Ci poniamo le domande perché abbiamo bisogno di risposte.

Ogni giorno aneliamo una risposta che non ci arriva mai, che non ci dà pace.

Una risposta che ci faccia vivere meglio, che ci assolva dai nostri peccati, che addolcisca quel senso di colpa che è nato e cresce con noi, la nostra colpa di essere al mondo, di essere imperfetti, di essere fragili, di non avere modo di contrastare le debolezze, se non indebolendoci ancora di più.

Siamo così ossessionati dalle risposte da non renderci conto che sono le domande a ferirci di più.

Le domande, quelle giuste.

Che temiamo da lontano, che la nostra mente teme di sfiorare, perché il dubbio ci metterebbe troppo in crisi.

Quelle domande che accarezziamo, ogni tanto, che sappiamo essere in noi, ma contro le quali ci armiamo di pregiudizi, di presunzione, di forza bruta, perché non possiamo concederci di vivere un dubbio che scardinerebbe il nostro modo di pensare, di sentire e di vivere il rapporto tra la nostra complessità e il resto del mondo.

Il modo in cui la nostra complessità si espone alle complessità altrui, in cui interagiscono, si mischiano, si perdono, si rinforzano, si annullano, rinascono.

Le domande.

Tra tutte le domande ce ne è una che mi gira in testa e che non mi dà tregua.

Che cos’è la solitudine?

E le mie risposte non mi soddisfano mai, perché non riesco a trovare il modo in cui riempirla, quella solitudine immensa, che viene resa ancora più grande da quel punto interrogativo che l’accompagna a braccetto, che non abbandona mai la mia solitudine.

Come posso evitare la mia solitudine?

È questa la domanda che mi angoscia, che mi tormenta, che a volte mi soffoca.

A cosa mi serve sapere in che modo riempire la mia solitudine, se non so neanche io in cosa consiste?

Seduta al tavolino di un bar, mi vedo dall’esterno, con il mio pc, il mio telefono e la tazzina vuota del caffè.

E ne percepisco tanta, di solitudine. Tutta attorno a me. Come la Tre.

E, proprio come la Tre, inefficace a connettermi con il mondo che mi circonda.

Con le persone che affollano il bar, che conosco, con cui non voglio intrattenere conversazioni superficiali, con cui non voglio sbottonarmi in finti sorrisi, in chiacchiere che ora non mi interessano.

E allora mi chiedo: perché devo riempire a tutti i costi la mia solitudine?

E già questa domanda mi rende più calma, sento posarsi la grazia dentro il mio animo, l’accettazione della mia volontà di non dover necessariamente riempire un vuoto che c’è, inevitabilmente.

E questo vuoto non ha il nome delle cose e delle persone che ho perso.

Sarebbe troppo semplice così.

Perché basterebbe rimettercele, o sostituirle.

Ma il vuoto continuerebbe a stare lì e a tormentarmi per non essere stata in grado di dargli ascolto, di comprenderlo, per aver avuto paura di guardarlo in faccia, distogliendo lo sguardo.

Il mio vuoto, come immagino il vuoto di tutti noi, anime fragili, e perse in un mondo che va troppo veloce per concedersi attenzione, un mondo che non ammette errori, né fragilità, dandoti l’illusione che tutto possa risolversi con il consumismo, di soldi, di persone, di emozioni, di anime, lasciandoti inevitabilmente consumato, consunto, e ancora più solo; dicevo, la radice del mio vuoto è l’essere stata svuotata.

Aver concesso a qualcuno, a qualcosa, di svuotarmi.

Svuotata dalla convinzione di essere all’altezza di ciò che provo.

Di essere in grado di assumermi la responsabilità di quelle emozioni che, a tutti i costi, mi sembra di dover combattere per vivere più serena, per non essere sempre, inevitabilmente, tormentata da quelle domande che, come tarli, scavano dentro di me, senza darmi pace.

Svuotata dalla convinzione che questo modo sia il giusto modo d’essere.

Che ne esista un altro, migliore, più efficace, più funzionale per stare al mondo.

Per tenere il passo con la quotidianità, per correrle affianco senza rimanere indietro, anzi, per arrivare prima al traguardo, a fine giornata.

Per poi ritrovarmi prima tra tutti, ma ultima dentro me stessa.

Svuotata dalla convinzione che ciò che provo possa essere giusto per il semplice fatto di provarlo.

Essere stati svuotati.

Aver permesso a qualcuno di svuotarci.

Trovarci vuoti, a combattere con una solitudine di cui non è rintracciabile l’origine, di cui non è neanche importante sapere le dinamiche che l’hanno generata, perché io, come tutti, con quel vuoto dobbiamo conviverci giorno dopo giorno.

All’inizio lottandoci, ferendoci, trattandolo come il peggiore dei nemici, che deve essere eliminato per conquistare il premio di una vita tranquilla, che non ammette errori, che ti dà tutte le sicurezze che altrove non puoi sperare di trovare.

Per poi iniziare a porci le domande. Non quelle a cui è semplice rispondere.

Quelle giuste, che ti inchiodano ad una realtà di cui, vuoi o non vuoi, devi prendere atto per non lasciarti sopraffare.

E allora se la domanda “Cos’è la solitudine”, prima la evitavo, chiedendomi piuttosto come fare a riempirla, oggi mi guarda con tenerezza, perché finalmente la affronto, senza deviarla, senza temerla.

Senza fuggire dal dolore che può comportarmi, e senza rimettere agli altri la responsabilità di colmarla arbitrariamente, sottraendo loro questo potere su di me.

Perché è di questo che si tratta: porsi le domande giuste ti conferisce potere.

Ti permette di non frantumarti a seconda delle circostanze, e di non aver paura di scegliere.

Ti consente di depotenziarle, conferendo a te potere su quelle stesse domande spigolose, ridimensionandone la portata e l’impatto sulla tua vita.

Che cos’è la solitudine?

Non è niente.

Siamo soli. E questo è un dato di fatto. Nasciamo soli, e moriamo soli. Quando andiamo a dormire la notte, per quanto possa esserci qualcuno ad abbracciarci nel letto, siamo soli con i nostri pensieri.

Siamo soli.

E questa consapevolezza diventa tremendamente bella, e allo stesso tempo terribile, quando inizi ad essere amica del tuo vuoto, a non volerlo riempire a tutti i costi.

Quando impari ad ascoltare ciò che ha da raccontarti: la storia di emozioni troppo forti per essere represse, di sentimenti intensi da non lasciar scappare, di scelte che colmano la distanza tra te e quell’interiorità un po’ a pezzi, ma mai così tanto da non poter essere ricostruita.

Terribile, perché non hai più scampo: è una consapevolezza che ti inchioda alla verità che il vuoto non deve essere per forza riempito, o che non tutto può adattarcisi.

Richiede uno sforzo: prestare continua attenzione a se stessi. Ed essere così attenti è un sacrificio che si può non essere disposti a fare.

Bella, perché ti dà qualcosa che nessuno è in grado di regalarti, se non la pretendi in primis da te stessa: la libertà.

Libertà di soffrire, di gioire, di scegliere, libertà di non sentirti in colpa per essere chi sei, di cambiare ciò che a te non piace, di amare, di emozionarti, di avere il cuore infranto e di ricostruirlo come piace a te.

E allora, forse, bisogna amare le domande, amare il dubbio, allearci con lui, renderlo la torcia con cui illuminiamo i nostri abissi, la spada con cui sferziamo la nostra anima, penetrandola nel profondo, per scoprire e poi dissipare la nebbia che avvolge i nostri sensi.

Sì, le domande possono essere compromettenti, scomode, (in)evitabili, politicamente scorrette, temibili, sfrontate, irreversibili. Punti di non ritorno.

Proprio come la libertà che ci permettono di conquistare.

15 commenti Aggiungi il tuo

  1. Alessandro Gianesini ha detto:

    Brutte bestie, le domande! 🙂

    Horror vacui? Perché hai paura della solitudine? Più specifico: cosa c’è, nella solitudine, che ti spaventa e che te la fa rifuggire?
    Nella solitudine c’è pieno di domande (parlo per me) ed è per quello che la cerco quando voglio capire cosa fare.

    Però tu le domande te le poni e, se anche non dovessero arrivare le risposte (o arrivare delle risposte che preferiresti non avere) è già un passo avanti, verso una domanda successiva, una ricerca interiore, dove sei sola con te stessa e i tuoi dubbi.

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    1. ailuig91 ha detto:

      Ho sofferto di horror vacui per anni: se avessi visto la mia stanza un anno fa, lo sguardo non aveva modo di riposarsi, da tanta roba che la riempiva. Ora sono diventata estremamente minimalista!
      Le domande, brutta bestia, che però, per fortuna, ci nutre, ci sazia.
      Sì, ho avuto paura di me stessa nelle domande. Perchè conoscevo le risposte e non mi piacevano.
      Piano piano ho tolto il giudizio, e per fortuna la paura delle domande è uno schema che non mi appartiene più ❤️
      Poi ho scoperto che il dubbio va a braccetto con la meraviglia, non smetti di stupirti, quando inizi a non fare più a meno di dubitare 😃

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      1. Alessandro Gianesini ha detto:

        E’ un percorso che, chi prima, chi dopo, facciamo tutti. Poi, se smetti di scandalizzarti per le risposte che non corrispondono che hai dell’idea di te, allora inizi a essere libero/a e ti godi anche le cose che prima nemmeno consideravi! 🙂

        Ma penso tu l’abbia già capito

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      2. ailuig91 ha detto:

        Ognuno ha i suoi percorsi, per fortuna la strada la decidiamo noi 😃

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      3. Alessandro Gianesini ha detto:

        Per fortuna… non sempre! 😛

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      4. ailuig91 ha detto:

        Ed è una fortuna? 😂

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      5. Alessandro Gianesini ha detto:

        Furbetta 😝

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  2. Giusy ha detto:

    Chiusura perfetta 👏😊😊

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    1. ailuig91 ha detto:

      Grazie 😃 ti auguro un’ottima giornata (piena do dubbi e di libertà) ❤️

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      1. Giusy ha detto:

        A te.. e ai nostri meravigliosi dubbi (che ci salveranno) 🤗

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  3. Lo scrittore volante. ha detto:

    Beh beh sempre brava 🙂 Mi faccio le stesse domande, anche io. E i nquesto periodo anche io mi sento svuotato… Non so cosa consigliare, posos solo offrire ampatia vitruale C:

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    1. ailuig91 ha detto:

      Ne escono pensieri migliori 😃💪🏻

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      1. Lo scrittore volante. ha detto:

        Speriamo:)

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  4. Er puleggia ha detto:

    Ciao ailuig91
    La solitudine?

    Ne so qualcosa !!!

    Il testo è molto bello e fa anche riflettere seriamente sul problema

    Brava come sempre 👏👏👏👏

    P. S.
    Secondo me hai bisogno di compagnia😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂

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    1. ailuig91 ha detto:

      Mi piace la compagnia dei commenti che fanno riflettere 😂😂😃💪🏻

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