Emozioni al sole

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Immagino uno specchio d’acqua ghiacciata.

Una superficie perfetta, senza crepe, salda, apparentemente senza difetti.

Immagino di camminare sul ghiaccio e sentirlo spesso, rigido, forte da sostenermi, da camminarci sopra senza temere che si spacchi. Da attraversarlo senza rischiare di andare a fondo.

Cammino, corro, ma scivolo. Ogni passo è una caduta.

Il ghiaccio è sì consistente, ma anche sdrucciolevole.

Sento che più ci cammino, più si scioglie, lentamente.

Non lo vedo neanche all’inizio, al mio sguardo la lastra è sempre uguale.

Me ne accorgo perché inizio a non stare più in piedi.

Esce il sole.

È alto nel cielo e si riflette sul ghiaccio.

Che inizia a sciogliersi sempre di più.

Non è più un posto sicuro.

Se non voglio affondare, devo tornare a riva, che il ghiaccio non è più spesso come prima.

Mentre cammino scivolo e sbatto a terra, sento una crepa sotto di me.

Piano piano lo specchio perfetto inizia ad incrinarsi, innumerevoli spaccature lo attraversano andando ad intaccare la sua perfezione.

Pezzi di ghiaccio si staccano, e fanno rumore.

Un’eco netta che risuona nel silenzio che mi circonda.

Sono su una lastra di ghiaccio che si muove, che si scontra con altri pezzi, che si scioglie, che si erode.

Ma la cosa che mi colpisce di più è ciò che c’è sotto ai miei piedi.

C’è un lago blu intenso, quasi nero, per quanto è profondo.

Intelligibile.

Incomprensibile.

Imperscrutabile.

E senza avere tempo di capire cosa stia succedendo, mi ritrovo in quell’acqua che prima neanche sapevo ci fosse.

È freddo intorno a me, il mio cuore trema di paura, sono spaventata, sorpresa, non so cosa fare.

Mi agito e vado a fondo, trattengo il respiro ma sono troppo pesante per riemergere.

Sono circondata dall’oscurità, non c’è più il sole alto su di me, ma il ghiaccio copre la mia vista.

E l’acqua è scura, così tanto da vedere tutto nero.

Non so dove sono, né se ne uscirò viva.

Mi fermo a sentire: il freddo, la paura, il cuore che palpita, la consistenza dell’acqua che mi circonda. Vedo il buio, ed è un buio sfocato. Mi fanno male gli occhi ma non riesco a fare a meno di tenerli aperti.

Sono la mia unica finestra su quel mondo nuovo in cui mi sono immersa.

L’unico modo per avere un contatto con l’esterno, ed immagazzinare informazioni, ed elaborarle, e decidere.

È buio intorno, sono pietrificata per il freddo. Non riesco a risalire, sento le forze che mi abbandonano.

Non controllo nulla, e l’aria inizia a mancarmi.

Non voglio affondare.

Ho abiti troppo pesanti addosso. Muovendomi come posso, inizio a togliere zaino, cappotto e cappello.

Li lascio andare nell’abisso, inghiottiti dall’oscurità.

Piano piano recupero fiducia in me, non mi dimeno più come all’inizio.

Per salvarmi da questa situazione ho solo una possibilità: stare calma.

Sembra che l’abisso si nutra della mia agitazione per risucchiarmi a sé.

Più leggera, riesco a muovermi più facilmente.

La gola è chiusa, la testa mi fa male, ho bisogno di ossigeno, qui sotto non si respira.

Però le forze per nuotare ancora ci sono.

Le gambe si flettono, le braccia puntano verso l’alto, fa freddo ma lo sto attraversando.

Faceva più freddo quando sono caduta, quando non me l’aspettavo, e il gelo ha investito il mio corpo come una lama tagliente, piegandomi in due.

Mi fa male tutto, eppure non riesco ad arrendermi, a lasciarmi andare.

Il cuore batte forte, ma stavolta perché mi sto avvicinando all’orlo dell’acqua.

Inizio ad intravedere il sole, che fa capolino tra i lastroni di ghiaccio.

Il cielo è chiaro, ancora di più da questo fondo buio.

Le dita sferzano l’aria.

Sono riemersa.

Sono fuori, e la prima boccata di ossigeno è vitale.

Tutta quell’aria di cui ho bisogno mi fa male, e le lacrime non smettono di scendere.

Non riesco a sentire il corpo, ma il cuore sì.

Lo sento benissimo palpitare di gioia. Svuotarsi di acqua e ricolmarsi di meraviglia.

Mi avvicino ad una lastra e con una fatica immane riesco a salirci su.

Ora sono al riparo.

Guardo il lago: i blocchi di ghiaccio sono più piccoli, si scontrano tra loro, disseminati su tutta la superficie.

Nulla è più come lo vedevo prima di cadere nel lago.

Eppure prima mi sentivo sicura, non poteva succedermi nulla su quel lastrone così perfetto.

Invece ora mi sento al riparo.

Immagino questo quando un’emozione ci colpisce all’improvviso, e ci coglie alla sprovvista.

Quando ci costruiamo tutte le nostre certezze e ci camminiamo sopra, sentendoci protetti da ciò che non vediamo. Protetti anche dall’immaginare ciò che nascondiamo alla nostra vista.

Immagino che il ghiaccio di cui ci ricopriamo per proteggerci, ci faccia più male dell’acqua che proviamo ad evitare.

Perché ci attacchiamo alla certezza che quel ghiaccio non si scioglierà mai.

Non si romperà mai.

E per quanto tentiamo di rimanere saldi e compatti, ci sarà sempre un raggio di sole più curioso, più invadente, più birichino, che troverà il modo per coglierci di sorpresa e darci la possibilità di imparare a nuotare.

Di non metterci al sicuro, ma di vivere imparando l’importanza e l’arte della leggerezza.

Ecco. Questo è l’effetto che immagino facciano le emozioni su chi non è abituato a concedersele. Su chi le teme al punto da proteggersi da loro.

L’effetto delle emozioni quando bucano la superficie e ci attraversano nel profondo.

8 commenti Aggiungi il tuo

  1. Alessandro Gianesini ha detto:

    Welcome to the life!
    (ovvero, gli effetti delle emozioni nella vita)

    Bellissima allegoria 😊

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    1. Alessandro Gianesini ha detto:

      PS: settimana prossima pubblicherò un pensiero sull’alleggerirsi per vivere meglio, sai? 😉

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      1. ailuig91 ha detto:

        Dovremmo smetterla di parlare delle stesse cose 😂😎

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  2. Ugo ha detto:

    Ed allora tanti auguri di tanti,tanti, raggi di sole ☀️

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  3. Ugo ha detto:

    Ma,il raggio di ☀️ era ieri?!! O è oggi?🤔mi sa che era ieri🤦.Auguroni comunque 🥳🥳🎼🎊🎉🎂

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    1. ailuig91 ha detto:

      È oggi 🥰 grazie 😄

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