Peccato originale

Tra chi pensa che questa giornata non serva a nulla, chi ignora di cosa stiamo parlando, tra una spesa sexy al supermercato, la morte di Maradona e altri due femminicidi, anche quest’anno ci siamo guadagnati la nostra giornata contro la violenza sulle donne.

Istituita nel 1999 dall’Onu, quanti di noi comprendono davvero ciò contro cui si sta combattendo oggi?

Vi faccio un esempio, così può risultare più chiaro: quando il telegiornale annuncia un femminicidio, e poi si raccontano i dettagli privati della vita della donna, ad un “lei aveva una relazione extra-coniugale”, oppure ad un “l’aveva denunciato per maltrattamenti ma poi aveva ritirato la denuncia”, o peggio ad un “era in discoteca con la minigonna e aveva bevuto” mia nonna esclama “eh vabbè ma allora te la sei cercata tu! Si sa che gli uomini sono stupidi, che non ragionano! E che se la donna ha un amante, poi trascura il marito!”

Spero di essere stata abbastanza esplicita con quest’esempio.

Fino a qualche tempo fa, avevo il timore che, all’annuncio di un femminicidio, o di uno stupro, si rivelasse qualche particolare che potesse lasciar pensare che quella donna, tutto sommato, in qualche misura, si fosse meritata quel trattamento, perchè le critiche piovevano a raffica, ed era impossibile cercare di far capire che no, io non merito di essere uccisa perchè tradisco mio marito, o non ho desiderato che mi violentassero perchè indossavo la minigonna e bevevo un cicchetto in più in una serata di svago.

Sono cresciuta con questo senso di responsabilità estremamente radicato nel mio cervello.

E si tratta proprio di questo peccato originale con cui nasciamo.

Con cui noi donne dobbiamo fare quotidianamente i conti.

Colpevoli solo di essere nate donne.

In un mondo che tollera un uomo che violenta una ragazza, ma non accetta che una maestra possa avere una vita sessuale al di fuori del proprio lavoro.

Il punto è che ci spaventa pensarci al di fuori degli schemi, e dei ruoli in cui accettiamo di essere inquadrati, chi più, chi meno.

Abbiamo paura di considerare la realtà che osserviamo una metafora di qualcosa di molto più profondo e ancestrale.

Spesso non abbiamo consapevolezza di noi stessi nel mondo, e ci meravigliamo di ciò che ci circonda, lo giudichiamo, perchè è più semplice che ammettere che le stesse cose accadano dentro di noi.

La violenza non ci riguarderà personalmente, ma siamo in grado di individuarla e di difenderci da essa nel mondo che viviamo? E non parlo solo di violenza fisica, o sessuale, ma anche verbale, psicologica.

Siamo davvero sicuri che “io non mi troverò mai al suo posto?” Forse non è una questione di posto, quanto di mentalità. E non parlo solo di vittime, ma anche di potenziali aggressori. Ci chiediamo: se la mia partner mi tradisse, se la scoprissi con l’amante, se una ragazza che mi piace non ci stesse, io che farei? Abbiamo provato ad indossare quelle emozioni, sopportandone il peso, senza rimetterlo sull’altra persona?

Allora smettiamola di puntare sempre il dito sulle responsabilità altrui, e proviamo ad impiegare tutta quell’energia per guardarci dentro ed imparare a familiarizzare con sentimenti difficili, scomodi, che ci appartengono in quanto esseri umani; delusione, sconfitta, perdita.

Proviamo ad andare oltre il ruolo che ci è stato assegnato alla nascita, e a considerarci come esseri umani, fallibili, responsabili, consapevoli.

Ci stupiamo che una donna vesta in modo provocante, che si masturbi, che guardi film porno, che viva in modo spregiudicato la propria sessualità, ma chiediamoci cosa sta togliendo a noi, donne e uomini, il comportamento libero di un altro individuo.

C’è gelosia, o invidia, perchè lei lo fa e io no? Da donne, proviamo ad assecondarci e non a reprimerci; abbiamo una mente, un corpo e una sessualità da scoprire, e questo richiede il 100% delle nostre energie, se ne sprechiamo anche solo l’1% per criticare donne diverse da noi, abbiamo perso la possibilità divina di tacere e di comprendere, per conoscerci più liberamente.

Ci sentiamo minacciati da tanta spregiudicatezza femminile, in quanto uomini? Impariamo a stare al nostro posto, a non temere per la nostra virilità, a non sentirci inferiori se una donna è migliore di noi in qualcosa, ma a lavorare su noi stessi per confrontarci ed arricchirci con chi può insegnarci qualcosa.

È più facile mettere a tacere chi è scomodo, chi ci impone una riflessione più ampia, chi mette in dubbio ciò che è sempre stato.

Mia nonna, che io stimo tantissimo, e mi ha trasmesso una forza d’animo ineguagliabile, vive nell’idea che l’uomo sia più stupido della donna, che spetti a lei difendersi, in una tacita e pacifica accettazione degli scempi che egli può provocare, essendo “inferiore”, ragionando con il proprio organo riproduttivo.

È qui che, forse, bisogna agire: nell’educare l’uomo al rispetto, di se stesso, della donna, del mondo che lo circonda.

È troppo facile vietare i comportamenti alla donna: più difficile è creare un mondo libero, in cui non ci siano distinzioni tra responsabilità, perchè tutti sono in grado di assumersele.

Un mondo in cui tutte le persone abbiano uguale dignità, e non siano considerate oggetti di cui sparlare, da calpestare, su cui divertirsi, anche di più se dall’altra parte non c’è la volontà.

Il 25 Novembre è la giornata contro la violenza sulle donne, ma non bisogna parlarne solo oggi: ci sono pagine su Fb, su Ig, canali Youtube che trattano di questo, c’è una letteratura sconfinata sul tema, e che non se ne parli al tg quotidianamente non significa che la violenza non continui a perpetrarsi, o che persone non cerchino di combatterla attivamente, organizzando seminari, parlandone nelle scuole, creando dibattiti.

Sta a noi informarci, avere voglia di sapere, voglia di cambiare una certa mentalità dilagante. E non perchè a noi non succederà mai, ma perchè, da esseri umani, abbiamo la responsabilità di progredire, fisicamente, intellettualmente e spiritualmente. Di guardarci dentro e riconoscerci parte di qualcosa di più grande, di un sistema che può migliorare o peggiorare anche con il nostro aiuto.

Ci pensiamo lontani dalla violenza, ma essa si manifesta anche con l’indifferenza, si nutre di complicità e di omissioni. Si alimenta con la nostra tolleranza.

La violenza teme il dialogo, la comunicazione, la consapevolezza, la gentilezza, la comprensione, l’audacia, l’informazione.

Nel nostro piccolo possiamo fare tutti la differenza, combattendo giorno dopo giorno ignoranza emotiva e menefreghismo, e compiendo il gesto rivoluzionario di ascoltarci, di guardarci senza pregiudizi, di pensarci al di là dei ruoli che ricopriamo.

Di essere umani.

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