Passo dopo passo le gambe iniziano ad apprezzare la fatica, il peso dello zaino e del corpo da portare avanti. Ma soprattutto il peso dei pensieri che crescono con noi. Pensieri che non sempre ci aiutano, contro cui, a volte, dobbiamo combattere perchè sono l’unico ostacolo al raggiungimento del nostro obiettivo.
Gambe che accettano la fatica del crearsi, del costruirsi ad ogni passo. Di imparare a camminare di nuovo. E averlo fatto già una volta, da bambini, ci rende sicuri di poterlo rifare tutte le volte che vogliamo, che decidiamo di mettere in dubbio quella camminata incerta, che sfruttiamo una caduta per guardarci da un altro punto di vista, per imparare il mondo dal basso, liberandoci delle vertigini che ci procurano le altezze da cui pretendiamo di capire tutto ciò che ci circonda.
A volte ci sono burroni nei quali dobbiamo cadere. Per imparare semplicemente a cadere. Per concederci di mettere un piede in fallo, di fare un passo che ci ricordi che raggiungere certe altezze significa prima averle dentro.
Cadere per sbagliare e apprezzare la prospettiva dal basso, che da lì le cose appaiono più alte, a volte irraggiungibili, spesso addirittura invisibili; ed è proprio lì che scopriamo quanto siamo disposti a metterci in dubbio, a fidarci delle nostre capacità, lì, prima di intraprendere quei passi verso l’ignoto, quella fatica dentro noi stessi che ci condurrà verso qualcosa che neanche noi possiamo immaginare.
Camminare per noi stessi, non per arrivare, camminare per camminare, per curiosare dentro di noi, per scoprirci migliori, ma anche peggiori di quello che pensiamo. Conoscerci senza biasimo. Camminare per seminare i pregiudizi, per allontanarci dai convincimenti che ci impediscono di apprezzarci realmente, per impararci più grandi delle critiche che crescono quotidianamente con noi, dentro di noi, e con cui filtriamo i nostri stessi pensieri.
Arrivare ma non per fermarsi, arrivare per apprezzare ciò che abbiamo conquistato, per guardarci intorno e vedere la nostra paura. Guardarla in faccia e sentirci in grado di camminare a braccetto con lei, scoprirla nostra amica. Capace di salvarci quando proprio non possiamo più farcela, e di sfidarci quando crediamo più in lei che in noi stessi.
Meravigliarsi di un paesaggio sconfinato, e scoprire che lo stesso si trova già dentro di noi, ma che per raggiungerlo ci vuole, forse, qualche passo in più, qualche caduta inaspettata. E anche qualche aiuto, perchè la bellezza è fatta per essere condivisa, richiede attenzione e attira altra bellezza per essere compresa. Che ciò che è simile si attrae inevitabilmente, e non possiamo camminare se non siamo noi stessi passi verso qualcosa di più grande, se non pensiamo di avere vertigini da scoprire e da conquistare dentro di noi.
Camminare per curarci, per scoprire il dolore e la fatica di essere noi stessi, di lasciar andare, di fermarci quando siamo esausti, di impegnarci quando le gambe richiedono salite da affrontare, e gli occhi meraviglie da ammirare. Camminare per guarire da noi stessi, per scoprire che, nonostante ci sia tanto altro, può esserci anche una grande sofferenza. E allora camminare per imparare ad accettarla, a comprenderla, per accoglierla dentro di noi e lasciarle spazio, per impedirci di colmare i nostri vuoti con qualcosa che sia estraneo e che, nonostante un sollievo iniziale, possa farci più male di quello che possiamo immaginare.
Camminare per imparare a farci male. Per lasciare che il dolore ci schiacci, ci faccia cadere, ci metta ko. Per rialzarci quando ci sentiamo pronti, ma nel frattempo per vivere il dolore e la caduta come una sfida da meritarci, come il paesaggio più bello che si possa ammirare, proprio lì dove siamo.
Che a volte il dolore ci blocca in un punto, e noi insistiamo nel volerci spostare da lì perchè immaginiamo tutte le cose che possono esserci oltre. E non vediamo che in quel punto c’è già tutto ciò di cui abbiamo bisogno, o che ci aspettiamo, se solo avessimo la pazienza e l’ardire di osservarlo. Se solo pensassimo al dolore come ad una modalità di vivere noi stessi, e non come un momento da superare a tutti i costi.
Camminare per diventare amici di noi stessi. Per conoscerci nei pensieri che opportunamente ci vietiamo, perchè nel commercio quotidiano delle persone, dei corpi, delle emozioni, concedersi il piacere o il dolore di gustarci per ciò che siamo davvero è un lusso che non possiamo permetterci. Perchè ci impedirebbe di fingere, perchè dovremmo perdere ciò di cui abbiamo bisogno , ciò a cui ci aggrappiamo per sicurezza. Ciò senza cui pensiamo di non poter vivere, per scoprire che, in effetti, stiamo vivendo senza di noi. Che tante cose non possiamo permetterci di abbandonarle perchè non siamo in grado di riempire il vuoto che lascerebbero con i nostri interessi, le nostre idee, i nostri sentimenti.
Camminare perchè, forse, non c’è altro modo per conoscerci se non scoprirci nella fatica, e poi nella conquista, e ricominciare, senza smettere mai di meravigliarci ed emozionarci davanti alla bellezza.
Una bella… camminata… nella tua visione della vita! 🙂
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Ciao Alessandro 😃
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