Cieli immensi e immenso amore

Roma, venerdì 03 Febbraio 2023, h. 16.40

Esco dal lavoro. Un sole a metà cielo, ma perfettamente all’altezza dei miei occhi, mi invade con la sua brillantezza; illumina le scale che devo scendere e non riesco a non pensare che mi stia invitando a perdermi per le strade fino a raggiungerlo. Lo sento sussurrarmi: “Vieni con me, ti porto a vedere la luce”.

Pensieri felici affollano la mia testa, uno tra tutti “Evviva la vita”!

Il panorama è cangiante: tanti raggi di sole attraversano il Tevere, lo tagliano in lungo e in largo. La sua superficie è liscia, il fiume è calmo, ma di tanto in tanto l’acqua è increspata dalla presenza di qualche animale e le onde si propagano. Tutto avviene con calma.

Mi muovo attraverso i marciapiedi e le strade di Roma. Sento il rumore dei miei passi, li conto: sono tanti quelli che mi separano dal fiume al Circo Massimo, dove devo prendere la metro. E camminando, sento il peso specifico della mia presenza sulla terra: con i piedi sposto sassolini, avanzando il mio corpo divide in due l’aria attorno a me, sorrido alle persone che incontro, chiedo loro informazioni. Seppure per poco, che io ci sia o meno in quel momento non è affatto indifferente.

Intanto la luna è alta, di un bianco sfumato, i contorni si confondono con l’azzurrino chiaro del cielo. Il prato del circo è verde intenso, alternato dal grigio del brecciolino, e in una pozzanghera ampissima si riflette il mondo a testa in giù. Alle spalle, il tempio di Apollo Palatino, una figura imponente, un edificio che affascina, le storie e i segreti dei secoli che custodisce sono tutti lì, davanti ai miei occhi. Anche loro mi invitano a conoscerli, a parlare, a scambiarci i misteri.

Da quando abito a Roma mi fermo spesso a guardare le costruzioni antiche e immagino come erano fatte le mani di chi le ha tirate su, il loro sudore e le lacrime che le pietre hanno assorbito; e poi vedo il via vai di persone che lì sono entrate e poi uscite, che si sono date appuntamento negli anni; immagino tutte le storie di cui questi edifici sono stati testimoni e mi commuove l’idea che essi non cambiano. Il mondo attorno evolve, si muove e loro restano punti di riferimento a cavallo dei secoli.

Ma non posso soffermarmi su questo, ho cose da fare. Saluto questo paesaggio, dovrò aspettare giorni prima di rivederlo così. Entro nella metro a malincuore. Lì sotto è tutto buio, regnano la velocità, gli odori forti, l’instabilità nei vagoni.

Finalmente il viaggio finisce e riemergo da sottoterra. Mi accoglie un panorama familiare: l’uscita della metro Jonio. I muri rossi, i graffiti, le bancarelle sul marciapiede. Il cielo adesso è diverso. Il sole è scomparso, restano pochi raggi ad illuminare il mondo davanti ai miei occhi.

Quando declina, il giorno è più bello di quando è all’apice della sua vita. Vedo un cielo bianco, rosa e celeste. Non faccio foto, il mio telefonino non riuscirebbe a fermare in un istante tutta questa bellezza.

Eppure è proprio di istanti che parlo: i colori del cielo sono tutti pastello aumentati di un tono, ipnotici. Chiudo gli occhi per lasciarmi pervadere dal fresco del tramonto. Anche questo cielo sembra voler promettere qualcosa: la mente vola velocemente alle sere d’estate, o ai momenti organizzati con gli amici, in cui il divertimento e la spensieratezza sono a portata di mano.

Riapro gli occhi e il cielo si è trasformato.

Ora è più cupo, non sono più le ultime briciole di sole ad illuminare la strada, ma la luce artificiale dei fari delle auto e dei lampioni.

Questo cielo mi ha comunicato tanto, ma è arrivato il tempo di parlare con me stessa.

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