Quando nasce un padre

Ci sono vari modi in cui si può essere padre.

Un padre può essere accudente, presente, di supporto; può essere assente, smemorato, distratto; può essere sensibile, emotivo, poetico; può essere materialista e avaro; può voler parlare con i propri figli, ascoltarli e comprenderli; ma può anche lasciarli lì soli a giocare, e mettersi a sedere davanti alla tv dopo aver trascorso una giornata intera a lavoro.

Può cambiare i pannolini e può insegnare ad andare in bici; oppure può pretendere dal figlio rispetto per il proprio ruolo di “padre”. Può esplorare il mondo insieme al figlio e soddisfare la sua fame di sapere; ma può anche pensare che la curiosità di un altro essere umano non lo riguardi; può essere critico, giudicante e inflessibile; ma può anche essere docile e tollerante; può essere autoritario; oppure può essere autorevole e carismatico.

Si può essere padri di un figlio mai nato o di un figlio adottato, o padri di un figlio nato e dato in adozione; si può essere padri del figlio di un altro uomo; si può essere padri anche senza avere un figlio.

Un padre può essere dolce, tenace e apprensivo. Può essere il punto di riferimento per il proprio figlio, quella bussola che attraversa gli anni e, nonostante l’usura, punta sempre a nord. Ma un padre può anche non insegnare nulla se non a essere diverso da lui; un padre può rivedere nel figlio sé stesso e amarlo incondizionatamente oppure odiarlo.

Un padre può essere colui che coccola e dà il bacio della buonanotte, oppure colui che picchia con la cinta e con le mani. Un padre può essere saldo per il proprio figlio e aiutarlo a rimettere insieme i pezzi della sua vita quando va in frantumi; o gli può riempire la testa di rumore e la vita di disordine, mandandolo ancora più in pezzi.

Un padre può voler condividere le passioni con il figlio, insegnargli un mestiere; oppure può essere un padre da dimenticare. Può essere un re che porta in salvo la propria principessa; oppure un latitante che scippa ai propri figli la loro gioia di vivere. Un padre può sperare che il figlio persegua gli obiettivi che lui non ha raggiunto, oppure può vederlo per quello che è: un essere umano diverso, con passioni e inclinazioni da rispettare.

Il punto è che un padre è un uomo. Un uomo che fa il padre, non che nasce come padre.

E allora un padre non è un essere mitologico, con la bacchetta magica che ripara tutto; è un essere umano che sbaglia, che va avanti a tentoni e che prova a fare del suo meglio con la sua vita e con quella del figlio che gli è toccato in sorte.

Ma la faccenda si complica perché un uomo, che è anche padre, deve fare i conti non solo con il proprio figlio ma anche e soprattutto con il proprio, di padre. Con le aspettative mancate, con l’amore chiesto e (non) corrisposto, con i sentimenti che quel sé bambino nutriva nei confronti del proprio genitore.

Fare il padre ha a che fare con il modo di vivere il proprio mondo interiore, le fragilità, l’emotività, la dolcezza, l’amore. Ha a che fare con il proprio modo di parlare a sé di se stesso, di (non) giudicarsi e di essere indulgente. Ha a che fare con l’amore che si pensa di meritare e di voler dare ma anche con il modo in cui questo bisogno si manifesta: con la volontà e la capacità di saper chiedere amore e aiuto quando è necessario e, quindi, con la consapevolezza di non poter fare tutto da solo.

Fare il padre di un altro essere umano ha a che fare con la capacità di essere padre di se stessi.

Ed è una scelta.

Per fare il padre non basta avere un lavoro e un conto in banca che dia sicurezza alla casa. Forse, forse, in passato serviva solo questo per fare il padre. Perché all’amore, alla gentilezza e alla dolcezza ci pensava la madre. Al padre, del figlio, restava il tempo del gioco e della spensieratezza.

Ma oggi non si può più pensare ad un mondo in cui il ruolo del padre e della madre sia così nettamente scisso. Perché ad un bambino non importa che il genitore sia un uomo o una donna; lui vuole solo ricevere amore e sentirsi compreso quando le emozioni sono così grandi che squarciano il velo della realtà e arrivano a destabilizzarlo senza chiedergli il permesso.

Ecco perché è utile sottolineare che fare il padre non è solo lo sforzo e il piacere fisico di partecipare alla procreazione e l’impegno economico di portare avanti le finanze della famiglia.

Fare il padre significa anche e soprattutto essere una persona che è in grado di relazionarsi con il proprio mondo interiore e con il dolore del vivere. Guardare alla propria emotività senza timori né giudizi e sapersi dire e dare ciò di cui si ha davvero bisogno. Significa chiedersi se, a propria volta, da bambini, si è stati rispettati nella propria fragilità e, in caso di risposta negativa, se si è stati capaci di assecondare quel bambino inascoltato e criticato.

Ed è proprio lì, nel momento in cui è possibile accettare il proprio mondo interiore, compreso il dolore, che nasce un padre. Quando un uomo, nonostante le paure, la frustrazione, le fragilità, riconosce in sé stesso un bambino da amare.

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